
GDPR, lo “SPAM” che non è passato inosservato
L’invio delle email informative sull’aggiornamento della legge sulla privacy, entrato in vigore il 25 maggio, è cominciato in sordina, come quegli acquazzoni che cominciano con qualche goccia qua e là e poi di colpo ti inondano e non puoi fare a meno di inzupparti.
Queste email le abbiamo ricevute tutti, le abbiamo odiate, le abbiamo trovate divertenti (alcune) le abbiamo criticate ma le abbiamo aperte e magari pure lette fino alla fine (forse).
È stato interessante notare come ogni brand abbia scelto il proprio tono di voce per inviare quella che, a tutti gli effetti, non era altro che una comunicazione di servizio obbligatoria.
Noi di Contactlab abbiamo voluto raccogliere e analizzare questa tipologia di email e valutarne le differenze. Ne sono emerse delle osservazioni interessanti, perché, ripeto, gli esercizi di stile alla Quenau, su questo argomento sono stati tanti e diversi. Vediamo alcuni esempi insieme.
Gli Asettici
Molti brand, come Privalia e Yoox, hanno scelto di inviare una semplice email informativa. La mail di Privalia è piuttosto asciutta, completamente diversa rispetto alle loro solite comunicazioni. Ne riporto il testo:

Privalia
Questa email svolge egregiamente il suo compito, che è quello di informare sull’aggiornamento e rassicurare i propri clienti. Di certo un testo più caldo, corredato magari da qualche immagine, avrebbe reso il tutto un po’ più ingaggiante. Punti di forza: testo sintetico.
Anche Yoox sceglie una comunicazione breve e diretta ma, a differenza di Privalia, mantiene il proprio layout standard con menu ed headline. Inserire il menu è una buona strategia, dà la possibilità a chi riceve l’email non solo di apprendere la novità, ma anche di fare un giro di shopping se lo si desidera.
Punti di forza: headline teasing e menu

Yoox
I creativi
C’è chi (giustamente) ha colto l’occasione dell’aggiornamento GDPR per fare comunicazione e non soltanto informazione. La Juventus crea una vera e propria email promozionale con tanto di headline e gioco di parole incluso. In prima battuta, il messaggio chiaro e forte è che danno per scontato che l’utente non si lascerà intimidire da un aggiornamento sulla legge della privacy e che quindi acconsentirà ad aggiornare i propri dati. Attenzione però, qui c’è un trucchetto interessante. La call to action non invita direttamente all’aggiornamento ma a provare a vincere la sciarpa con i colori della squadra. Efficace come mossa ma che non rientra proprio in quelle che definiamo best practice.
Punti di forza: il titolo.

Juventus F.C.
Il ristorante di sushi di Milano THISISNOTASUSHIBAR segue il filone della creatività e del premio finale per rendere l’operazione di richiesta del consenso simpatica, amichevole e giocosa. Ecco qui di seguito il testo dell’email e il subject che strizza un po’ l’occhiolino:
Subject: È la mail numero 1000 sul GDPR che ricevi oggi e per la tua pazienza HAI VINTO UN PREMIO
Punti di forza: codice promo

This is not a sushi bar
Poi c’è chi, come il Post, che usa volutamente un tono di voce scanzonato e leggero, molto colloquiale. È quasi una email di scuse, perché a ridosso della data di entrata in vigore della normativa, si presume di non essere arrivati per primi. L’attacco è davvero insolito, la congiunzione esortativa “allora” messa in grassetto e con un corpo più grande rispetto al resto del testo non passa inosservata.
Punto di forza: tono di voce friendly

Il Post
Il testo è scorrevole e malgrado la lunghezza invita ad essere letto fino in fondo. Anche la chiusa, a mio parere, non è banale e automatica esprime un sincero ringraziamento.
Takeaways
In conclusione, esaminando tutte le email ricevute in queste settimane, si possono distinguere due macro gruppi:
quelli che si sono mossi con largo anticipo e quelli che hanno aspettato l’ultimo momento.
Quelli che hanno “camuffato” questo invio quasi come se fosse una email di re-engagement, e quelli invece che l’hanno interpretata come una email promozionale, inviando anche sconti o gadget.
Quelli che semplicemente informavano della novità, rimandando a visionare la nuova legge, e quelli che invece ne hanno approfittato per richiedere un aggiornamento dei dati.
Alla fine, però, questa operazione, potenzialmente rischiosa per il forte incentivo alla disiscrizione, si è al contrario, rivelata una buona occasione di contatto e quindi di conversione, per chi l’ha gestita come una normale campagna email: con un concetto, un tono di voce e uno stile creativo il più possibile accattivante.